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Vendere fatto a mano dopo l’emergenza coronavirus – Parte II

Nella prima parte del nostro percorso su fatto a mano e post emergenza Covid avevamo indicato alcune pratiche per individuare a chi vendere facendo a meno dell’opportunità dei mercatini.
In questa seconda e ultima parte parleremo più apertamente delle possibilità offerte dalla rete.
È lecito immaginarsi uno scenario in cui la disponibilità economica di ognuno potrà essere compromessa. Chiunque senza una fonte di reddito certa o senza entrate sufficienti tende a risparmiare. Chi avrà voglia o possibilità di spendere per un paio di orecchini? La domanda viene spontanea ma l’obiettivo di chi produce non è mai vendere indistintamente a tutti. Serve individuare un pubblico, quello che state portando avanti se non è ancora un lavoro è qualcosa che gli assomiglia. Chi non può permettersi di comprare ciò che vendete (a patto che non abbiate sparato cifre del tutto inadeguate) non dovrebbe rientrare tra i vostri potenziali clienti. 

Chi sono i miei clienti?

È questo il momento di riprendere in mano tutte le informazioni ottenute con le indagini suggerite nell’altro articolo. Passiamo poi a stabilire un prezzo, o meglio una fascia di prezzo, per le nostre creazioni (d’obbligo tenere presente le spese sostenute per i materiali, il valore percepito di questi e anche il fattore tempo impiegato).
Guardando questi elementi come su due colonne parallele probabilmente qualcosa stonerà…Dovrete aggiustare il tiro tirando fuori una vera strategia.
Tracciate il profilo del vostro cliente tipo, come se doveste creare il personaggio di un racconto: è una donna? di che fascia di età? Come si veste? Che fa nella vita? Che possibilità di spesa può avere? Vi suggerisco anche di valutare il grado di digitalizzazione. Ora cercate di capire quali prezzi proporre. Due suggerimenti aggiuntivi: niente sconti, niente giochini. Meglio vendere meno ma guadagnare il dovuto.

Vendere a distanza ma senza fretta

Si ma come faccio ad attirare a me queste tipologie di persone e trasformarle in clienti? Escluse, per ragioni ovvie, tutte le forme di contatto in eventi e manifestazioni possiamo e dobbiamo guardare al digitale come una risorsa ma dobbiamo farlo con cognizione di causa. Non parleremo di on line ma di vendita a distanza. La conclusione di una vendita senza contatto fisico può avvenire infatti anche con canali alternativi a quelli di un sito/piattaforma. Prima di passare a nomi e esempi sfatiamo un mito: le creazioni messe in rete non si vendono da sole e non si vendono più facilmente. La rete amplia la vostra platea e, per effetto dei numeri, aumenta la possibilità di vendita. 

Vendere senza un sito

Molti iniziano a prendere ordini tramite una pagina Facebook e conseguentemente dirottare tutta la comunicazione con gli interessati su e-mail, whatsapp o telefono. Si può fare? Da un punto di vista legale e fiscale le regole da seguire sono quelle dell’attività non continuativa per chi non possiede P.Iva. Per avere informazioni attendibili occorre sempre rivolgersi a un commercialista o a un CAF di zona: non abbiate timore, se volete fare sul serio non potrete fare a meno di una consulenza. Facebook come altre piattaforme non gradiscono che si camuffi un’attività di vendita con una pagina o gruppo. Leggete bene le linee guida del social network e evitate di pubblicare prezzi se siete hobbisti. Vantaggi: è già tutto pre confezionato non servono capacità di sviluppo. Concentratevi sulla comunicazione e sulla qualità delle immagini. Svantaggi: si può incidere meno sull’attrarre clienti, anche i post appaiono nei risultati di google ma il grosso del lavoro sarà basato sulla capacità di aumentare il numero di iscritti realmente interessati. Lo si fa offrendo contenuti che non siano la semplice foto dell’oggetto: tutorial, consigli, recensioni, servizi di personalizzazione… insomma serve un piano editoriale. 

Vendere su sito o marketplace

Si tratta di due soluzioni molto diverse tra loro. Chiariamo subito che nel primo caso per gli hobbisti non sarà possibile strutturare un e-commerce (che richiede l’apertura di una p.iva poiché la presenza di prodotti in vendita su un sito è un’attività ritenuta continuativa con tutte le implicazioni legali e fiscali del caso). Paradossalmente però un hobbista può ottenere molto anche da un semplice blog mentre un professionista si dovrà rivolgere a un tecnico o un’agenzia che possano metterlo nelle condizioni di iniziare a vendere per far fronte a spese e costi. L’obiettivo di un blog quindi non potrà essere quello di ospitare direttamente una vendita ma sarà quello che in gergo viene detto “generare leadovvero generare forme di contatto che possano sfociare in una vendita da concludersi al di fuori del sito. Sull’obbligo di emissione di ricevuta generica e dichiarazione di guadagni derivanti da attività di vendita non continuativa vi rimandiamo a un commercialista. 

Etsy e Amazon handmade

Aggiornamento del 20/05/2020: nel momento in cui vi scriviamo dobbiamo segnalare un’imminente novità nel mondo facebook; è stato annunciato il lancio di facebook shop: un mini e-commerce da gestire interamente su una pagina facebook. Sarà una soluzione dedicata solo a professionisti ma ideale per piccole attività di artigianato o commercio che non devono gestire molte categorie e variabili prodotto.
Se si vuole puntare in maniera più diretta all’obiettivo si può optare per l’apertura di una vetrina-negozio su un marketplace specifico. Per qualche anno ne sono nati diversi, anche made in Italy, di fatto ne sono sopravvissuti solo due: Amazon handmade e Etsy. Per stare su queste piattaforme coi propri prodotti si devono pagare delle % sul venduto o un canone. Le condizioni mutano a seconda dei periodi ma toglietevi dalla testa di avere soluzioni completamente gratuite che funzionino. Per prendere confidenza con la vendita on line Etsy è una buona soluzione ma a lungo andare molti la abbandonano per i costi e per significative limitazioni. La seconda motivazione è condivisibile, meno la prima: i costi li avrete sempre anche quando penserete che sia gratis.

Big Cartel e Shopify anche senza p.iva?

Altra soluzione sono i software as service ovvero aziende che vi consentono di aprire un vero e-commerce all’interno della loro piattaforma, un e-commerce con un indirizzo vostro (www.miosito.it) a fronte del pagamento di un canone mensile. Le citiamo perché da molte parti le si danno come soluzioni idonee a persone senza p.iva, a nostro avviso e di molti consulenti fiscali, non lo sono affatto. Le ragioni sono molteplici.
Tuttavia quando vi sentirete pronti a fare il salto di qualità, soluzioni (professionali) come Shopify sono da considerarsi l’ideale. 

Consigli in pillole

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